L'Impero 06. La Vendetta Dell'Aquila by Anthony Riches

L'Impero 06. La Vendetta Dell'Aquila by Anthony Riches

autore:Anthony Riches
La lingua: ita
Format: azw3, epub
pubblicato: 2017-08-16T22:00:00+00:00


Capitolo 7

Più il distaccamento di cavalleria si addentrava nel cuore della Padella, meno Silo riusciva a scacciare la sensazione di inquietudine che lo attanagliava da quando si erano allontanati dalla coorte. La foresta era silenziosa, perfino i canti degli uccelli erano cessati come per reazione alla presenza degli intrusi, e la mancanza di altri rumori naturali a parte il vento tra le foglie era più agghiacciante di quanto lo sarebbe stata con una coorte di soldati in marcia a riempire il silenzio. Un cavaliere venne verso di loro al piccolo galoppo e tirò le redini salutando il decurione.

«Niente da riferire, signore! La foresta è tranquilla e non abbiamo visto niente che ci faccia pensare che ci sia qualcun altro».

Silo annuì e indicò il sentiero davanti a sé.

«Torna indietro, allora. E quando raggiungi i tuoi compagni, mandaci un altro uomo».

Il cavaliere salutò di nuovo e girò il cavallo, galoppando via lungo il sentiero a est. Paga e mezzo, l'assistente di Silo, borbottò un'osservazione, scrutando cupo il mare di alberi mentre il gruppo continuava lungo lo stretto sentiero.

«Forse questo posto è davvero deserto. Dopo tutto nessuno descriverebbe quei tatuati come troppo dotati di cervello, eh? Probabilmente stanno correndo al posto dove ci siamo accampati ieri sera».

Il decurione fece spallucce.

«Uno dei vantaggi di avere come capo un gentiluomo come il tribuno è che durante le sue riunioni ha sempre una tazza di vino in mano. Ho avuto la fortuna di sentirlo parlare di Arminio, l'altra sera. Non quel grosso babbeo che gli pulisce gli stivali ma un capo tribale che guidò una rivolta contro l'impero in Germania duecento anni fa. Pare che quest'uomo fosse un principe, appena un ragazzo, bada bene, e fu sottratto alla famiglia dai nostri soldati in seguito a un accordo di pace con la sua tribù una volta che si fu presa una bella batosta. Fu allevato a Roma, sai, come un membro della nobiltà e gli insegnarono a essere civile. Fecero di lui un gentiluomo romano, quanto più possibile date le sue origini, e lo misero nell'esercito, come ufficiale naturalmente. Era davvero un bell'elemento, a sentire il tribuno, un uomo con la propensione a ficcarsi tra i barbari e attaccarli dalla prima linea, invece che darsi delle arie sul suo cavallo e cercare di sembrare nobile e autoritario come fanno molti di loro».

Gli uomini attorno mormorarono in segno di approvazione e più di uno diede un colpetto all'elsa della spada o sfregò la punta di ferro della lancia con una preghiera silenziosa.

«A ogni modo, pare che la sua vecchia tribù lo convinse alla fine a tradire Roma e così condusse tre legioni al completo nel cuore del suo territorio, proprio così, senza spazio di manovra, e poi gettò la maschera. I guerrieri aspettarono che le legioni fossero ben dentro la loro trappola, incolonnati su una stretta pista nella foresta, proprio come questa», guardò i suoi uomini e indicò la foresta tutt'attorno, «e a quel punto si lanciarono all'assalto da entrambi i lati e fecero a pezzi quei poveri bastardi, senza lasciare loro il tempo e lo spazio per schierarsi in formazione di battaglia.



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